Il peso sociale della Disabilità

Già, ma la disabilità è un peso per la società?

Si direbbe di sì, ascoltando anche i ritornelli moraleggianti secondo cui: “La società si deve far carico delle persone handicappate… L’impegno verso i più deboli è il segnale della civiltà di una nazione civile, costi quel che costi… ecc. ecc.”.

Ma è davvero proprio così?

Sia chiaro, nessuno mette in discussione il principio di fondo, è il modo che è un tantinello ipocrita, perché dimentica, o vuole dimenticare, i risvolti effettivi di questo “Sforzo della società”.

Con astuzia bottegaia fa più effetto ingigantire quanto si è speso rispetto a quanto ha guadagnato la cosiddetta società, anzi, visto che si parla di “Sociale”, e di poveri esseri infelici, mai deve scappare la parola “Guadagno”.

Perché renderebbe bieco e profittatore colui che azzardasse una parolaccia del genere, sugli handicappati non si guadagna e basta, peste lo colga chi lo fa.

Ma se questa omissione salvaguarda l’immagine di chi col sociale ci lavora, sminuisce ancora di più la dignità di chi riceve un servizio. Viene rimarcato il suo essere fardello, il peso che fa gravare su di una comunità. Ma in realtà non è per niente così, al contrario, sulla disabilità sono in molti a camparci, e non in modo residuale. Facciamo un po’ i conti; iniziamo dagli insegnanti di sostegno che operano nella struttura scolastica, quanti sono?

Parecchi e se sono lì è grazie agli alunni disabili, non vi è altra ragione. Enumeriamo le badanti, gli assistenti domiciliari, gli operatori sanitari dei distretti, i terapisti della riabilitazione, sia privata che pubblica, poi pensiamo alle aziende di ausili, di protesi, di ortesi, chi modifica automobili, chi vende software specifici, chi costruisce carrozzine…ecc. Sulla disabilità si costruiscono carriere all’interno delle ASL; medici legali, assistenti sociali, specialisti, funzionari amministrativi, infermieri, ecc. Sia chiaro, niente di male, ma sarebbe bene che non si perdesse di vista la “Materia prima”, termine pessimo, ma efficace per capire.

E pensate che cosa può significare in termini di potere essere responsabili del servizio che accerta invalidità civili e handicap, capacità lavorative residue e patenti di guida, permessi per tagliandi di sosta e ausili riabilitativi.. ecc.

Sulla disabilità ci campano operatori di associazioni, cooperative, comunità alloggio, istituti, centri diurni, dove vengono garantiti servizi, più o meno bene, ma questo è un’altro discorso. Sugli handicappati ci guadagnano avvocati che predispongono le interdizioni o patrocinano cause di invalidità, le cancellerie dei tribunali, i periti di parte, ecc. Quanto pesa tutto questo indotto? Qual è il suo fatturato? Quanti sono i lavoratori coinvolti?

Nessuno fino ad ora si è posto il quesito, sarà dunque per questa lacuna che periodicamente ritorna l’insana proposta di limitare gli investimenti dello stato?

Proposta che diviene frequente realtà con tristi conseguenze non solo per le persone disabili. E’ un intero settore, con i suoi addetti e la sua presenza economica che va in crisi e tutto questo ha un impatto “Sociale” ampiamente sottovalutato.

Ma è politicamente più conveniente passare sotto silenzio tali dinamiche e relegare questa realtà (assistiti e assistenti) nell’ambito della carità e della pietà, dove la mano destra non deve sapere cosa fa quella sinistra… e dove si dà quello che si può, mai quello che si deve!

Mauro Bornia, Presidente della Consulta Disabili Provincia della Spezia

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